Gatti in spazi comuni e reato di atti persecutori

Nel numero di febbraio di Quattro Zampe parliamo di gatti in spazi comuni che molestano i vicini, configurando il reato di atti persecutori.

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Permettere la circolazione dei gatti in spazi comuni può integrare il reato di atti persecutori

A confermare il principio secondo cui “la nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri” ci ha pensato la Corte di Cassazione, chiamata a giudicare un caso emblematico con sentenza 25097/2019.

Si tratta di una diatriba condominiale in cui l’imputata è accusata di lasciare i propri gatti liberi di circolare nella villa bifamiliare condivisa con una vicina – con la quale non scorre buon sangue – consapevole dello stato d’ansia che questi, unitamente alle loro deiezioni lasciate ovunque, causano alla “nemica”. 

I fatti 

L’imputata ricorre in Cassazione impugnando la sentenza della Corte d’Appello di Trento che confermava la condanna per il reato di atti persecutori commesso ai danni della vicina di casa.

L’accusa nei confronti dell’imputata è quella di aver lasciato liberi di circolare i propri gatti sapendo che avrebbero fatto i propri bisogni negli spazi comuni dell’edificio, infastidendo la vicina tanto da farla vivere in uno stato di ansia tale da richiedere più volte l’intervento della Polizia e finendo infine in giudizio per risolvere la situazione. 

Il ricorso in Cassazione

Secondo la difesa dell’imputata la Corte d’appello avrebbe erroneamente motivato la sentenza poiché “gli episodi relativi alle deiezioni dei gatti dell’imputata sono stati occasionali e dovuti ad incuria nella loro custodia, privi dei requisiti dell’abitualità della condotta, e della volontà (dolo) richiesto per la sussistenza del reato di atti persecutori” . 

La decisione dei giudici: lasciare liberi i gatti per infastidire la vicina è stalking

I giudici della Corte di Cassazione, preso atto di quanto successo, con sentenza 25097/2019 evidenziano come i giudici di secondo grado abbiano rilevato come l’imputata, nonostante le ripetute lamentele, abbia “volontariamente continuato a liberare i gatti nelle parti comuni dell’edificio abitato anche dalla vicina, nell’evidente consapevolezza delle conseguenze sul piano igienico che ciò comportava e della molestia che in tal modo arrecava alla propria vicina.”

Inoltre, così come numerosi testimoni hanno potuto confermare (compresi gli Agenti della Polizia Locale intervenuti più volte sul posto dopo le segnalazione della vicina stremata), la presenza di escrementi ed il persistente odore delle deiezioni era una costante all’interno della villetta bifamiliare. 

L’imputata è accusata anche di aver creato e appeso cartelli contenenti minacce e insulti nella zona comune della villetta, rivolti proprio alla vicina. Anche se “anonimi”, per i giudici i cartelli sono attribuibili all’imputata, essendo l’unica ad avere interesse a compiere un simile gesto. 

Atti persecutori utilizzare i gatti per molestare la vicina

Questi comportamenti, così come ricostruiti nei vari gradi di giudizio, secondo i giudici di legittimità sono riconducibili proprio all’art. 612-bis c.p. relativo agli atti persecutori, che detta: “è punito con la reclusione da 1 a 6 anni e 6 mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da generare un fondato timore per l’incolumità propria […] ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.”

Importante considerare anche che lo stato di prostrazione e di ansia in cui versava la vittima, che è stato provato dalle dichiarazioni di alcuni testimoni, oltreché dalla certificazione rilasciata da una psicologa che ha visitato la donna. 

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