Cane calpestato reagisce mordendo: condannato il padrone
Cane calpestato reagisce mordendo: condannato il padrone per omessa custodia e lesioni colpose.
Il sig. B.S. ricorreva per Cassazione avverso sentenza del Giudice di Pace di Belluno, di condanna nei suoi confronti, in ordine al delitto di cui agli artt. 40 e 590 2° comma cod. pen. (lesioni colpose gravi) nonché all’illecito amministrativo di cui all’art. 672 cod. pen. (omessa custodia e mal governo di animali) per avere lasciato libero e senza museruola il proprio cane pastore tedesco che aggrediva e mordeva D.P.F. la quale riportava lesioni personali gravi.
Secondo la ricostruzione e le testimonianze del processo di primo grado, tuttavia, il cane era assolutamente tranquillo, stava giocando con i presenti durante una festa in giardino, quando gli è stata pestata una zampa da un ospite e si è spaventato aggredendo la persona offesa: secondo la difesa è stato questo l’evento scatenante, inconciliabile con i capi di accusa poiché, nel caso di specie, non sarebbe applicabile la norma di cui all’art. 2052 cod. civ, ma sarebbe necessario acquisire gli elementi costitutivi del delitto di lesioni personali colpose.
Il ricorso in Cassazione viene tuttavia dichiarato inammissibile perché riguardante censure non consentite nel giudizio di legittimità in quanto inerenti la ricostruzione e la valutazione del fatto e l’apprezzamento dei materiale probatorio, profili questi rimessi alla esclusiva competenza del giudice del merito.
“Ma se anche si volesse dar credito alla versione dei fatti esposta in ricorso -spiega la Suprema Corte- non verrebbe comunque meno la responsabilità penale del ricorrente.”
Infatti se è pur vero che l’indagine va svolta per l’accertamento degli elementi costitutivi del delitto contestato, è altrettanto vero che la disposizione del codice civile all’art. 2052:
“Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.”
rappresenta la norma di riferimento per la violazione della regola prudenziale che raffigura sia la condotta colposa contestata, che l’individuazione del soggetto titolare della posizione di garanzia.
Nel caso analizzato è provato che il B.S. ha lasciato il proprio cane, non di taglia piccola o “da grembo”, libero e senza museruola durante una festa in giardino in presenza di molti ospiti. Di conseguenza non assume alcun rilievo la circostanza che sia stato calpestato accidentalmente, poiché tale evenienza è del tutto probabile, come era probabile che l’animale rispondesse a ciò con un’aggressione; ciò che invece assume significativa rilevanza penale è il fatto che l’animale non sia stato custodito in luogo non accessibile agli ospiti o, quanto meno, munito di museruola.
E’ stata dunque violata, dal proprietario, la norma prudenziale che impone l’idonea custodia di un animale, ancor più quando trattasi di un cane di razza di grossa taglia e tendenzialmente pericoloso e, di conseguenza, non può essere in alcun modo censurata la sentenza impugnata.
E’ quindi importante ricordare che il proprietario è sempre responsabile per il comportamento del proprio animale –tranne che per il caso fortuito- poiché su di lui vige l’obbligo di custodirlo idoneamente.
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