Danni causati da animali selvatici: è responsabile la Regione

Danni causati da animali selvatici: è responsabile la Regione

La Cassazione Civile, con sentenza del 20 aprile 2020 n. 7969, ha ribaltato il proprio orientamento in merito alla responsabilità dei danni causati da animali selvatici, sostenendo ora che il soggetto pubblico responsabile, in base all’art. 2052 c.c., è la Regione.

Danni causati da animali selvatici: è responsabile la Regione

Secondo il nuovo orientamento della Corte ad essere responsabile dei danni cagionati da animali selvatici è la Regione poiché essa è l’ente titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico e delle funzioni amministrative di programmazione, coordinamento e controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se queste stesse funzioni possono eventualmente essere svolte con delega da altri enti.

In quest’ultimo caso, infatti, la regione può rivalersi nei confronti degli enti che avrebbero dovuto vigilare sulla fauna selvatica impedendo il danno, potendo anche chiamarli in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato contro la Regione.

Cinghiale danneggia auto di passaggio, il proprietario chiede i danni alla Regione

B.D. ha agito in giudizio nei confronti della Regione Abruzzo per ottenere il risarcimento dei danni riportati dalla propria autovettura a seguito della collisione con un cinghiale avvenuta su una strada pubblica. La domanda è stata accolta dal Giudice di Pace di Pescara. Il Tribunale di L’Aquila ha confermato la decisione di primo grado. La Regione Abruzzo ha allora deciso di ricorrere in Cassazione negando di essere il corretto ente per rispondere dei danni riportati dall’autovettura dell’attore rilevando la mancata considerazione da parte del Tribunale di primo grado della condotta colposa del soggetto pubblico titolare delle funzioni di controllo e gestione della fauna selvatica nell’area in cui era avvenuto l’incidente.

La normativa in merito

I danni causati dagli animali selvatici, in passato, erano considerati sostanzialmente non indennizzabili, in quanto tutta la fauna selvatica era ritenuta “res nullius”, ossia “cosa di nessuno”.

Con la L. 27 dicembre 1977, n. 968 la fauna selvatica (appartenente a determinate specie protette) è stata dichiarata patrimonio indisponibile dello Stato, tutelata nell’interesse della comunità nazionale e le relative funzioni normative e amministrative sono state assegnate alle Regioni, anche in virtù dell’art. 117 Cost.

Successivamente, la L. 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) ha specificato che la predetta tutela riguarda “le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale“, con le eccezioni specificate (talpe, ratti, topi propriamente detti, nutrie, arvicole) ed avviene anche nell’interesse della comunità internazionale, precisando, sul piano delle competenze, che:

  • le Regioni a statuto ordinario: provvedono “ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica” (art. 1); “esercitano le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunisticovenatoria”; “svolgono i compiti di orientamento, di controllo e sostitutivi previsti dalla presente legge e dagli statuti regionali” (art. 9); “attuano la pianificazione faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani provinciali” (art. 9); “… nonchè con l’esercizio di poteri sostitutivi nel caso di mancato adempimento da parte delle province…” (art. 10); “… provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia“, controllo che “esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici” (art. 19); istituiscono e disciplinano il fondo destinato al “risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e dall’attività venatoria”, per “far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta” (art. 26).
  • Alle Province, invece: “spettano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna secondo quanto previsto dalla L. 8 giugno 1990, n. 142, che esercitano nel rispetto della presente legge” (art. 9); inoltre, ai sensi del D.Lgs. 28 settembre 2000, n. 267, art. 19 (che ha sostituito la L. n. 142 del 1990), alle Province spettano “le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale” nei settori della “protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali”, nonchè della “caccia e pesca nelle acque interne”.

La giurisprudenza in merito

Fino alla pronuncia oggi esaminata, l’orientamento della giurisprudenza era quello secondo il quale il danno cagionato dalla fauna selvatica non è risarcibile in base alla presunzione stabilita nell’art. 2052 c.c. (Danno cagionato da animali: “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”) essendo inapplicabile nei confronti della selvaggina il cui evidente e necessario stato di libertà è sempre stato ritenuto incompatibile con qualsiasi obbligo di custodia da parte della pubblica amministrazione.

Con la pronuncia oggi esaminata invece la Cassazione ribalta il proprio orientamento estendendo alla fauna selvatica il regime di cui all’art. 2052 c.c. e ritenendo che il principio espresso da questa norma non debba essere limitato agli animali domestici ma a tutti gli animali suscettibili di proprietà o di utilizzazione da parte dell’uomo, a meno che non si tratti di caso fortuito.

Per questo motivo secondo i giudici di legittimità l’esenzione degli enti pubblici dal regime di responsabilità oggettiva dettato dall’art. 2052 sarebbe un ingiustificato privilegio per la Pubblica amministrazione dovendo il cittadino danneggiato sia dimostrare l’evento dannoso che il nesso di causalità che la colpa dell’ente pubblico.

Chi è quindi l’ente responsabile?

La Cassazione chiarisce che l’art. 2052, nella parte in cui attribuisce la responsabilità per i danni causati dagli animali al “soggetto che se ne serve”, si riferisca alla Regione essendo essa l’ente territoriale cui spettano le funzioni normativa, amministrativa di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività eventualmente svolte per delega da altri enti.

Laddove peraltro, il danno si ritenga essere stato causato dalla condotta negligente di un diverso ente, cui spettava il compito (trattandosi di funzioni di sua diretta titolarità ovvero delegate) di porre in essere le misure adeguate di protezione nello specifico caso omesse e che avrebbero impedito il danno, la stessa Regione potrà rivalersi nei confronti di detto ente e, naturalmente, potrà anche, laddove lo ritenga opportuno, chiamarlo in causa nello stesso giudizio avanzato nei suoi confronti dal danneggiato, onde esercitare la rivalsa (in tal caso l’onere di dimostrare l’assunto della effettiva responsabilità del diverso ente spetterà alla Regione).

La Regione, in qualità di ente pubblico proprietario, per liberarsi dalla responsabilità del danno cagionato dalla condotta dell’animale selvatico dovrà essere in grado di  dimostrare che il fatto sia avvenuto per “caso fortuito” ovvero che si sia trattato di una condotta dell’animale selvatico che non era ragionevolmente prevedibile e o comunque non era evitabile.

Per ulteriori informazioni su questo argomento, non esitare a scriverci a info@avvocatoanimali.it

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