Cane che abbaia non piace ai vicini

Nel numero di febbraio di Quattro Zampe parliamo di un cane che abbaia, troppo secondo i vicini: la storia di Jako, bruciato vivo in Puglia.

cane che abbaia

Cane che abbaia non piace ai vicini: la storia di Jako 

San Pietro Vernotico (BR): Non c’è spiegazione né comprensione per l’ignobile gesto compiuto da qualcuno (ancora non identificato) ai danni di Jako, un cane di razza Siberian husky di sette anni a cui hanno dato fuoco nella notte tra l’1 e il 2 novembre 2018, dopo essersi accertati che non potesse scappare. Poco prima delle 3.00 di quella tragica notte qualcuno ha sentito un boato e forte odore di bruciato ed ha allarmato i carabinieri ed i vigili del fuoco che, giunti sul posto, hanno trovato la raccapricciante e drammatica sagoma del povero animale completamente avvolto dalle fiamme dolosamente causate. 

Jako, cane regolarmente microchippato, viveva temporaneamente con la padrona di casa, una signora che lo accudiva al posto del nipote che si trovava in Olanda. Più volte nell’ultimo periodo aveva causato lamentele perché, a detta di alcuni vicini, “abbaiava troppo”, tanto da portare qualcuno a minacciare di ucciderlo se non avesse smesso: qualcuno aveva addirittura lasciato un biglietto – naturalmente anonimo – in cui si avvertiva che prima o poi sarebbe stato avvelenato perché disturbava troppo. E così è stato: quel qualcuno è passato dalle parole ai fatti. 

Dopo dieci giorni di sofferenze Jako è morto in una clinica veterinaria di Bari, dove era stato trasferito per essere sottoposto ad un intervento chirurgico. Le indagini procedono, i carabinieri stanno indagando sull’individuazione del responsabile, anche mediante l’ausilio delle diverse telecamere di sicurezza posizionate nella zona, ed il Comune di San Piero Vernotico, luogo ove è successo il fatto, ha dichiarato che si costituirà parte civile nel futuro processo. 

L’uccisione di animali art. 544 bis c.p.

Chi si è macchiato della grave uccisione di Jako dovrà rispondere del reato di uccisione di animali, disciplinato dall’art. 544 bis c.p. il quale prevede la reclusione da quattro mesi a due anni per «chiunque, per crudeltà o senza necessità, abbia cagionato la morte di un animale». Con questa norma il legislatore intende gravemente punire chi commette una violenza mortale ai danni di poveri animali innocenti, come nel caso di Jako, così da garantire il rispetto del sentimento per gli animali, inteso come sentimento di pietà che le persone nutrono nei loro confronti. 

Abbaiare è un diritto esistenziale del cane

Nell’arco degli ultimi anni sono molteplici i Tribunali, e non solo, che si sono pronunciati a favore degli animali d’affezione, in particolar modo dei cani e del loro “diritto” ad abbaiare. Il Tribunale di Lanciano (CH), ad esempio, a conclusione di un procedimento civile d’urgenza ha dichiarato che “abbaiare è un diritto esistenziale del cane”, tenendo in considerazione la funzione fondamentale svolta dai cani stessi. A base della propria decisione il giudice ha posto gli articoli 544 bis e successivi del codice penale, all’art. 5 della legge 189 del 2004 e la ratifica della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, che stabilisce l’obbligo morale dell’uomo di rispettare tutte le creature viventi. 

In ogni caso risulta chiara la necessità di trovare il giusto compromesso tra il diritto di abbaiare del cane ed il diritto di riposare senza fastidi e molestie sonore di chi abita vicino. È indubbio il diritto di questi ultimi di riuscire a riposare nelle ore notturne senza essere svegliati o disturbati dai cani vicini. L’art. 659 del codice penale stabilisce che “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a trecentonove euro”.

L’abbaiare del cane, quindi, seppur ritenuto un “diritto” non deve superare i limiti di tollerabilità.

Risulta assolutamente inutile – ma evidentemente non abbastanza – evidenziare come la soluzione ad una situazione di difficile gestione del cane, come poteva essere quella del caso esaminato oggi, non possa in alcun modo risolversi con minacce né, tantomeno, con violenza nei confronti dell’animale che, abbaiando, esercita semplicemente una sua funziona ed un suo istinto naturale. La comprensione e l’affetto che è stato manifestato al povero Jako ed alla sua famiglia, dal veterinario ai concittadini, è uno splendido segno di solidarietà che ancora una volta ci fa capire quanto gli animali possano unirci. Anche la volontà del comune di costituirsi parte civile nel futuro processo ci lascia con un barlume di speranza: l’impegno che il primo cittadino si è assunto, pur non essendo assolutamente obbligato a farlo, ci fa credere che davvero brutte storie come questa non debbano mai più, da nessuna parte, ripetersi.

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